Responsabilità medica

La responsabilità della struttura ospedaliera, sia pubblica che privata, deriva dal rapporto fra il paziente e la struttura stessa, che trova fondamento in un contratto autonomo ed atipico (cd. contratto di spedalità), per il cui inadempimento si applicano le regole di cui all’art. 1218 c.c. (Cass. sez. III, n. 1698/2006; Cass. sez. III, n. 8826/2007).
In altri termini, in forza della responsabilità contrattuale che grava in capo alla struttura sanitaria, il paziente che abbia subìto un danno dovrà solo dimostrare l’esistenza del rapporto contrattuale, l’esistenza del danno subito e il nesso causale tra l’intervento subito ed il danno. Sarà, poi, la struttura sanitaria convenuta a dover provare di avere agito con diligenza e senza colpa, per evitare, così, di dover risarcire i danni lamentati.

Può aversi una responsabilità contrattuale della struttura verso il paziente danneggiato sia per il fatto della struttura stessa, sia  per il fatto del personale dipendente o ausiliario. La responsabilità dell’Ente ospedaliero per il fatto dei propri medici si fonda sull’art. 1228 c.c., il quale dispone che “il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro”.

L’orientamento giurisprudenziale dominante qualifica come contrattuale anche l’obbligazione del medico nei confronti del paziente. Il fondamento giuridico deve essere ravvisato, a seconda dei casi, nel contratto specifico intercorso tra medico e paziente ovvero, nell’ipotesi di un rapporto tra il medico e paziente che trovi la propria occasione nel contratto di spedalità tra un paziente ed una struttura sanitaria, in virtù del quale il medico (dipendente o comunque incardinato nell’ente) esegua la prestazione sanitaria, il fondamento della responsabilità del medico nei confronti del paziente viene individuato nel cd. contatto sociale (cfr. Cass. S.U. 577 /2008).
Il cd. contatto sociale costituisce fonte di un rapporto (contrattuale) avente ad oggetto una prestazione che si modella su quella del contratto d’opera professionale, in base al quale il medico è tenuto all’esercizio della propria attività nell’ambito dell’ente con il quale il paziente ha stipulato il contratto, ad essa ricollegando obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi emersi o esposti a pericolo in occasione del detto “contatto”, e in ragione della prestazione medica conseguentemente da eseguirsi.
Anche in tal caso il paziente danneggiato dovrà fornire la prova del contratto (o del contatto), del danno e del nesso di causa con l’azione o omissione dei sanitari, restando a carico dell’obbligato la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile.
Va segnalato che, di recente, è intervenuta sulla materia la legge c.d. Balduzzi (decreto legge n. 158/2012 convertito dalla legge 189/2012), la quale esclude la responsabilità (penale) sanitaria per colpa lieve, laddove siano state rispettate le linee guida e le buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica; in sede civile, invece, il medico continua a rispondere anche per colpa lieve
Su quest’ultimo punto si precisa che l’art. 2236, che limita la responsabilità professionale del medico ai soli casi di dolo o colpa grave, attiene esclusivamente alla perizia, per la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà. Ne consegue che, anche nei casi di speciale difficoltà, tale limitazione non sussiste con riferimento ai danni causati per negligenza o imprudenza, dei quali il medico risponde in ogni caso (v. Cass. 12.03.2013 n. 6093).

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