CORONAVIRUS: L’IMPATTO SUI CONTRATTI IN ESSERE

Apr 27, 2020Blog

L’attuale situazione di emergenza epidemiologica causata dal Covid-19 e le conseguenti misure restrittive imposte dal Governo stanno senz’altro avendo una notevole incidenza, tra le altre cose, anche sui rapporti contrattuali.

Vediamo, dunque, quali sono le principali situazioni giuridiche che si possono prospettare.

Impossibilità sopravvenuta della prestazione – totale, parziale e temporanea

L’art. 1218 c.c., prevede che, nel caso in cui il debitore non adempia regolarmente alle proprie
obbligazioni dovrà rispondere del danno cagionato, fatta salva l’ipotesi in cui la prestazione sia
divenuta impossibile per una causa a lui non imputabile.

Inoltre, l’art. 1256 c.c., dispone che l’obbligazione si estingue nel caso in cui, per una causa non
imputabile al debitore, la prestazione diventi impossibile.

In base a tali disposizioni normative, il debitore può andare esente da responsabilità per
l’inadempimento qualora dimostri l’impossibilità della prestazione. Impossibilità che non deve
essergli imputabile e che deve rivestire i caratteri dell’imprevedibilità, assoluta e insuperabile.
Tra le ipotesi di impossibilità rileva senz’altro il c.d. factum principis, identificabile con quei
provvedimenti emessi dalle competenti autorità governative che, per tutelare l’interesse pubblico, impongono prescrizioni comportamentali e divieti che rendono impossibile determinate prestazioni contrattuali.

Ebbene, laddove vi sia impossibilità definitiva della prestazione, la relativa obbligazione si
estingue, senza che il debitore possa essere chiamato a rispondere per un inadempimento.
In tale contesto rileva, inoltre, quanto disposto dell’art. 1463 c.c. secondo il quale “la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta”.

Quindi, se, ad esempio, mi sono iscritto ad un corso in palestra che non ha potuto svolgersi a causa dei provvedimenti governativi di chiusura di tali strutture, avrò diritto alla restituzione di quanto già eventualmente pagato, secondo le norme sulla ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). A ben vedere, infatti, se si dovesse pagare per un servizio che non si è ricevuto, si verificherebbe un arricchimento ingiustificato e indebito in favore della controparte contrattuale.
Se invece l’impossibilità della prestazione è solo parziale (ex art. 1464 c.c.), ad esempio in caso di riduzione materiale della prestazione, la controparte contrattuale può agire per ottenere,
alternativamente, la riduzione della propria controprestazione, ove possibile, oppure il recesso dal contratto, qualora non abbia interesse ad ottenere comunque una prestazione parziale. Il contraente la cui prestazione è divenuta parzialmente impossibile, invece, rimarrà obbligato, nei limiti in cui la prestazione sia parzialmente possibile, ad effettuare l’adempimento parziale.
L’impossibilità può essere, inoltre, soltanto “temporanea”, per tale intendendosi quella che deriva da un impedimento prevedibilmente transitorio.
Nella situazione attuale, in particolare, è ragionevole ed auspicabile ritenere, che l’emergenza sia destinata a cessare, con la conseguente ripresa di alcune delle attività ora precluse.

Il rapporto contrattuale dovrebbe quindi ritenersi non definitivamente risolto, ma solo
momentaneamente sospeso, chiaramente con esonero di entrambe le parti dall’adempimento delle rispettive prestazioni, fintanto che resterà in vigore il provvedimento inibitorio.
A tale riguardo va inoltre chiarito che se il contraente non ha più interesse a conseguire la
prestazione, l’obbligazione si estingue comunque, come se l’impossibilità fosse definitiva.

Eccessiva onerosità sopravvenuta

L’eccessiva onerosità sopravvenuta, nell’ambito di un contratto a esecuzione continuata, periodica o differita, costituisce una circostanza che non impedisce la prestazione, ma la rende più “onerosa”, consentendo al debitore di ottenere la risoluzione del contratto o, in alternativa, la riduzione della prestazione.
Va precisato che il contraente, la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa non è
automaticamente liberato dalla sua obbligazione; l’eccessiva onerosità sopravvenuta della sua
prestazione gli attribuisce semplicemente — quando ne ricorrano i presupposti – il potere di
chiedere al giudice la risoluzione del contratto. Questo a differenza di quanto accade nelle ipotesi sopra richiamate di impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Senz’altro una pandemia, come quella che stiamo vivendo in questo momento, costituisce un evento “straordinaria ed imprevedibile”. Allo stesso tempo, però, non è semplice stabilire se il Coronavirus – e le misure restrittive adottate dalle autorità – possa costituire valida causa di sopravvenuta onerosità delle prestazioni contrattuali assunte dalle imprese.
Gli effetti giuridici del COVID-19 sui negozi stipulati dalle imprese dovranno essere valutati ed
esaminati caso per caso, tenendo conto di una pluralità di fattori quali, ad esempio, i fatti portati a sostegno del ritardo e/o dell’inadempimento contrattuale, l’incidenza specifica degli stessi sulla prestazione, l’assenza di soluzioni alternative per l’adempimento.
Se la parte nei confronti della quale viene domandata la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta vuole evitare lo scioglimento del contratto, allora potrà offrire alla controparte di modificare “equamente” le condizioni dello stesso, secondo una valutazione di buona fede che riequilibri il rapporto contrattuale.