GDPR E INFORMATIVA PRIVACY

GDPR E INFORMATIVA PRIVACY

GDPR E INFORMATIVA PRIVACY

Al giorno d’oggi appare assai difficile non essersi imbattuti, almeno una volta, nella sottoscrizione di una informativa privacy, ossia quel documento contenente una serie di informazioni relative ai nostri dati personali, che devono essere trattati da un soggetto terzo (un’azienda, un professionista, una Banca..).
Il nuovo Regolamento Europeo 2016/679, che entrerà in vigore il prossimo 25 maggio, valorizza e assegna un ruolo fondamentale a tale informativa, prevedendo maggiori tutele per gli interessati, rispetto alla vigente normativa italiana (Decreto legislativo n. 196/2003).
L’art. 12 del Regolamento impone al Titolare del trattamento di adottare le misure appropriate per fornire all’interessato tutte le informazioni e le comunicazioni relative al trattamento in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, utilizzando un linguaggio semplice e chiaro, eventualmente, in combinazione con icone e immagini standardizzate.
L’interessato, in altri termini, deve essere messo nella condizione di poter comprendere facilmente come saranno trattati i suoi dati personali.
In particolare, le informazioni fondamentali contenute nell’informativa sono le seguenti:

  1. Quali sono gli scopi e le modalità del trattamento;
  2. Se l’interessato è obbligato o no a fornire i dati;
  3. Quali sono le conseguenze se i dati non vengono forniti;
  4. A chi possono essere comunicati o diffusi i dati;
  5. Quali sono i diritti riconosciuti all’interessato;
  6. Chi sono il titolare e l’eventuale responsabile del trattamento;
  7. Dove sono raggiungibili questi soggetti.

Rispetto all’attuale art. 13 del nostro Codice Privacy, si prevedono numerose informazioni aggiuntive, quali ad esempio:

  • i dati di contatto della nuova figura del DPO (Data Protection Officer), ove prevista;
  • la base giuridica del trattamento a corredo della illustrazione delle finalità del trattamento;
  • qualora il trattamento si basi sulla necessità di perseguire un legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, la specificazione di quali siano i legittimi interessi perseguiti dal titolare del trattamento o da terzi;
  • il periodo di conservazione dei dati personali oppure, se non è possibile, i criteri utilizzati per determinare tale periodo;
  • la specifica esistenza del diritto alla portabilità dei dati;
  • il diritto di proporre reclamo al Garante per la protezione dei dati personali.

Non saranno pertanto sufficienti i classici format utilizzati sino ad ora, ma occorrerà predisporre delle informative “rafforzate”, ossia più complete e maggiormente adatte a ciascun singolo caso.

IL DIRITTO ALL’OBLIO NEI MOTORI DI RICERCA

IL DIRITTO ALL’OBLIO NEI MOTORI DI RICERCA

IL DIRITTO ALL'OBLIO NEI MOTORI DI RICERCA

Il diritto all’oblio, di matrice giurisprudenziale, è rappresentato dal diritto di un individuo a non essere più ricordato in relazione a notizie di cronaca datate e per le quali non vi è più interesse pubblico alla divulgazione
In particolare, per quanto concerne il mondo di internet, ognuno ha diritto a che un’informazione che lo riguardi non venga più collegata al proprio nome da un elenco di risultati che appare inserendo una determinata query in un motore di ricerca (ad esempio Google).

A tale proposito è intervenuta una importante pronuncia della Corte di Giustizia UE (C-131/12, 13 maggio 2014), la quale ha affermato la possibilità, per tutti i cittadini europei, di richiedere direttamente al motore di ricerca la rimozione di dati personali, qualora l’interessato ritenga che la loro permanenza non sia più giustificata in relazione al trascorrere del tempo.
Il caso deciso dalla Corte di Giustizia ha preso avvio dal ricorso di un soggetto spagnolo, tale Gonzales, il quale si lamentava del fatto che nell’indice del motore di ricerca di Google figurava un annuncio che lo riguardava, in relazione alla vendita all’asta di immobili in seguito ad un pignoramento per la riscossione coattiva di crediti previdenziali.
Il pignoramento era stato definito da anni e il debito era stato pagato, pertanto Gonzales aveva chiesto a Google la rimozione dei suoi dati dal motore di ricerca, in quanto non più rilevanti. La Corte, nel caso deciso, ha ritenuto prevalenti i diritti fondamentali dell’individuo sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, nonché sull’interesse del pubblico ad accedere all’informazione riguardante il ricorrente.
Ma non solo. La Corte ha specificato che il motore di ricerca può essere obbligato alla rimozione dei dati personali anche se i siti sorgente non li hanno rimossi, come nel caso dalla stessa trattato.
Pertanto, oggi, ogni cittadino europeo può fare richiesta a Google finalizzata all’eliminazione dell’indicizzazione di contenuti che riguardano informazioni personali relative ad eventi del passato, che risultino – citando le parole della sentenza – “inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati”.
Attenzione: de-indicizzazione non vuol dire cancellare da internet gli articoli/foto che ci riguardano, bensì che la ricerca su Google non darà più nei risultati quei link segnalati, se la richiesta viene approvata, e quindi se si tratta di contenuti inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati.
Google, in seguito alla sopracitata sentenza, ha predisposto un modulo online attraverso il quale i cittadini europei possono richiedere la rimozione di link dai risultati di ricerca.

Ecco il link:
https://www.google.com/webmasters/tools/legal-removal-request?complaint_type=rtbf&visit_id=1-636426429976680831-3600022492&rd=1

INTERVENTO ESTETICO MAL RIUSCITO: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA

INTERVENTO ESTETICO MAL RIUSCITO: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA

INTERVENTO ESTETICO MAL RIUSCITO: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA

In linea generale, quando si agisce per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’esito infausto di un intervento estetico, si estende il contraddittorio della causa anche alla struttura sanitaria che ha ospitato l’operazione.

Infatti, la struttura sanitaria, con l’accettazione del paziente ai fini del ricovero per l’intervento programmato, conclude con lo stesso un contratto atipico di spedalità e di assistenza sanitaria, da cui derivano obblighi non solo di tipo alberghiero, ma anche di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze.

Conseguentemente, anche la struttura sanitaria risulta responsabile, ex art. 1218 c.c., per l’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, in virtù dell’art. 1228 c.c. per l’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, in qualità di suo ausiliario necessario, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando al riguardo la circostanza che il sanitario sia di fiducia dello stesso paziente e da lui stesso scelto (Cassazione n. 13953/2007 e n. 1620/2012).

La responsabilità della struttura sanitaria per inadempimento di proprie obbligazioni sussiste, ad esempio, in caso di inefficiente organizzazione delle attrezzature o del personale medico ausiliario e paramedico o alle prestazioni di carattere alberghiero. La responsabilità per il comportamento dei medici, invece, prescinde dalla sussistenza di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, assumendo rilevanza la circostanza che dell’opera del medico la casa di cura comunque si avvalga nell’attuazione del rapporto obbligatorio. La responsabilità dell’ente, pertanto, trova fondamento, non già nella colpa degli ausiliari, ma nel rischio relativo all’utilizzazione dei terzi nell’adempimento dell’obbligazione.

Tale sentenza ribadisce il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di responsabilità civile nell’attività medico-chirurgica, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e/o del medico per l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto (cioè che sia stato operato), dell’aggravamento o insorgenza della situazione patologica per effetto dell’intervento e del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari. A carico dell’obbligato (il sanitario o la struttura) resta, invece, la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile (Cass. n. 975/2009).

VADEMECUM IN CASO DI INTERVENTI ESTETICI MAL RIUSCITI

VADEMECUM IN CASO DI INTERVENTI ESTETICI MAL RIUSCITI

VADEMECUM IN CASO DI INTERVENTI ESTETICI MAL RIUSCITI

Quando si subiscono danni in conseguenza di un intervento chirurgico di natura estetica, bisogna tenere bene a mente che, se si decide di intraprendere una causa di risarcimento danni, è necessario fornire la prova delle seguenti circostanze:

  • dell’esistenza del contratto o del “contatto” tra paziente e Medico;
  • dell’aggravamento della situazione patologica o dell’insorgenza di nuove patologie;
  • del relativo nesso di causa con l’azione o l’omissione del Medico, secondo il criterio della normalità causale ossia del “più probabile che non”.

Spetterà invece al Medico dimostrare che la prestazione professionale sia stata eseguita diligentemente e che l’esito infausto dell’intervento sia stato causato da un evento imprevisto e imprevedibile.

In particolare, secondo l’orientamento della Cassazione civile, il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze astrattamente idonee a porsi come causa o concausa del danno. Di contro, spetta al Medico convenuto l’onere di dimostrare che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso ovvero che, pur essendovi stato il suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno (cfr. Cass., n. 15993/2011).

Per adempiere al proprio onere probatorio e sostenere fondatamente un’azione di risarcimento danni, il danneggiato dovrà preliminarmente munirsi, come minimo, della seguente documentazione:

  1. Cartelle cliniche relative all’intervento subito.
  2. Documentazione fotografica il più esaustiva possibile: le foto della propria situazione precedente e le proprie foto dopo l’intervento.
  3. Eventuali referti medici che certificano i problemi insorti in conseguenza dell’intervento.
  4. Relazione medico legale che accerti l’entità del danno, la responsabilità del Medico e il rapporto di causalità esistente tra il danno e la malpractice.
  5. Eventuale relazione di uno psicologo che certifichi il disagio e i danni di natura morale post-intervento.

OMESSA INFORMAZIONE IN MATERIA IN INTERVENTI ESTETICI: LA RESPONSABILITA’ E’ AUTOMATICA

OMESSA INFORMAZIONE IN MATERIA IN INTERVENTI ESTETICI: LA RESPONSABILITA’ E’ AUTOMATICA

OMESSA INFORMAZIONE IN MATERIA IN INTERVENTI ESTETICI: LA RESPONSABILITA’ E’ AUTOMATICA

Commento a Cassazione Civile, sez. III, sentenza 06/06/2014 n° 12830.
Il caso sottoposto al vaglio della Cassazione civile riguardava un intervento di chirurgia estetica – tecnicamente riuscito –, volto alla rimozione di un tatuaggio sulla spalla.

Tale intervento, tuttavia, aveva lasciato sulla pelle della paziente una brutta cicatrice senza che ciò fosse stato prospettato come rischio dal Medico operante.

L’inestetismo cagionato alla paziente era dunque più grave di quello che si mirava ad eliminare o ad attenuare e su tali ragioni veniva fondata la richiesta di risarcimento da parte della prima.

La Cassazione nel proprio iter motivazione ha rilevato che:

  • l’intervento era stato eseguito a regola d’arte;
  • si era verificato un danno alla salute sotto il profilo del peggioramento delle condizioni estetiche;
  • non erano state fornite alla paziente le informazioni rilevanti per consentirle di maturare una decisione libera e consapevole.

Sulla base di tali rilievi, la Corte affermava che, laddove ad un intervento di chirurgia estetica consegua un inestetismo più grave di quello che si mirava ad eliminare o ad attenuare, una volta accertato che di tale possibile esito il paziente non era stato compiutamente e scrupolosamente informato, a ciò consegue auotamticamente la responsabilità del medico per il danno derivatone, quand’anche l’intervento sia stato correttamente eseguito.

La particolarità del risultato perseguito dal paziente e la non necessarietà dell’intervento, in termini di tutela della salute, consentono di presumere che il consenso non sarebbe stato prestato se l’informazione fosse stata offerta.
Le conseguenze risarcitorie, nel caso di assenza o insufficiente consenso informato, sono diverse nel caso di interventi ”salvifici o necessari” rispetto a quelli “estetici” e non necessari.

Infatti, in caso di interventi salvifici non preceduti da una rigorosa in formativa, da cui siano derivate conseguenze dannose, il Medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri che ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento, non potendo altrimenti ricondursi all’inadempimento dell’obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute.

In caso di interventi non necessari, invece, un’operazione compiuta senza valido consenso perde a priori qualsiasi fonte di legittimazione, con ogni conseguente assunzione di rischio in capo al Medico, anche a fronte di interventi eseguiti a regola d’arte.