“Non siamo prestanome della mafia”

“Non siamo prestanome della mafia”

Corriere delle Alpi – Edizione di Belluno del 10.02.2012.

I figli di “Lillo” Angelo Calatafimi rivogliono i loro beni indietro ed hanno impugnato davanti al collegio del tribunale, il provvedimento col quale si disponeva la confisca di immobili del valore complessivo di € 350.000,00 nella disponibilità del calabrese trapiantato a Trichiana, in cella dopo aver gambizzato, nel novembre del 2010, un ingegnere feltrino.

I familiari di Calatafimi, attraverso l’avvocato Stefano Bettiol, hanno depositato, nei giorni scorsi, in tribunale a Belluno, un’istanza con la quale si chiede un’apposita udienza per essere sentiti e dimostrare la loro legittima proprietà di almeno parte dei beni sequestrati. Durante l’udienza l’Avvocato Stefano Bettiol depositerà una memoria difensiva con allegate le distinte dei mutui bancari, i contratti d’affitto e i documenti di compravendite che proverebbero che, appunto, parte dei beni sequestrati ad Angelo “Lillo” Calatafimi, sarebbero frutto di sacrifici di anni di lavoro e non di proventi legati alla mafia.

Nel corso dell’udienza, fissata per la prossime settimana, non è escluso che l’avvocato Stefano Bettiol chieda ai giudici la nomina di un consulente che verifichi con la “lente di ingrandimento” le attività finanziarie dei familiari di Calatafimi in modo da dimostrare la legittimità dei beni intestati ai figli. Il Decreto Legislativo 159 del 2011 (il codice della Legge antimafia) permette infatti ai “terzi” che risultano proprietari o comproprietari di beni sequestrati a personaggi in odor di mafia di essere sentiti in tribunale, entro un mese dal momento del sequestro.

Consulenze a tutto campo e, per le imprese, comodi contratti forfetari annuali

Consulenze a tutto campo e, per le imprese, comodi contratti forfetari annuali

Report – Inserto speciale – Il Mondo – Edizione Triveneto novembre 2009

Strategicamente situato a pochi metri dalla Questura e dagli uffici giudiziari, lo studio dell’avvocato Stefano Bettiol mette a disposizione della clientela una vasta gamma di servizi che vanno dalla tradizionale assistenza legale alle attività di consulenza e dall’assistenza nella predisposizione e negoziazione dei contratti di impresa alle operazioni societarie e finanziarie.
“Il tratto saliente che caratterizza la nostra filosofia nei confronti del cliente – puntualizza lo stesso avvocato Bettiol – è la disponibilità al rapporto diretto, personale, continuativo. È una formula vincente, che utilizziamo con l’impresa come con il privato. Anche dal punto di vista del rapporto economico puntiamo tutto sulla massima trasparenza. Con le imprese, invece, la nostra politica è rivolta alla stipula di contratti forfetari basati su un canone fisso annuale a prescindere dalla quantità e qualità delle prestazioni richieste”.

Il luogo giusto per imparare a fare bene l’avvocato
Lo studio dell’avvocato Stefano Bettiol si occupa di separazioni e divorzi, recupero tutela del credito, eredità e successioni, diritto di famiglia, controversie condominiali, infortunistica stradale, risarcimento danni, contrattualistica, diritto commerciale, amministrativo e fallimentare, responsabilità medica, proprietà e diritti reali, assistenza nel processo penale.

GDPR E INFORMATIVA PRIVACY

GDPR E INFORMATIVA PRIVACY

GDPR E INFORMATIVA PRIVACY

Al giorno d’oggi appare assai difficile non essersi imbattuti, almeno una volta, nella sottoscrizione di una informativa privacy, ossia quel documento contenente una serie di informazioni relative ai nostri dati personali, che devono essere trattati da un soggetto terzo (un’azienda, un professionista, una Banca..).
Il nuovo Regolamento Europeo 2016/679, che entrerà in vigore il prossimo 25 maggio, valorizza e assegna un ruolo fondamentale a tale informativa, prevedendo maggiori tutele per gli interessati, rispetto alla vigente normativa italiana (Decreto legislativo n. 196/2003).
L’art. 12 del Regolamento impone al Titolare del trattamento di adottare le misure appropriate per fornire all’interessato tutte le informazioni e le comunicazioni relative al trattamento in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, utilizzando un linguaggio semplice e chiaro, eventualmente, in combinazione con icone e immagini standardizzate.
L’interessato, in altri termini, deve essere messo nella condizione di poter comprendere facilmente come saranno trattati i suoi dati personali.
In particolare, le informazioni fondamentali contenute nell’informativa sono le seguenti:

  1. Quali sono gli scopi e le modalità del trattamento;
  2. Se l’interessato è obbligato o no a fornire i dati;
  3. Quali sono le conseguenze se i dati non vengono forniti;
  4. A chi possono essere comunicati o diffusi i dati;
  5. Quali sono i diritti riconosciuti all’interessato;
  6. Chi sono il titolare e l’eventuale responsabile del trattamento;
  7. Dove sono raggiungibili questi soggetti.

Rispetto all’attuale art. 13 del nostro Codice Privacy, si prevedono numerose informazioni aggiuntive, quali ad esempio:

  • i dati di contatto della nuova figura del DPO (Data Protection Officer), ove prevista;
  • la base giuridica del trattamento a corredo della illustrazione delle finalità del trattamento;
  • qualora il trattamento si basi sulla necessità di perseguire un legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, la specificazione di quali siano i legittimi interessi perseguiti dal titolare del trattamento o da terzi;
  • il periodo di conservazione dei dati personali oppure, se non è possibile, i criteri utilizzati per determinare tale periodo;
  • la specifica esistenza del diritto alla portabilità dei dati;
  • il diritto di proporre reclamo al Garante per la protezione dei dati personali.

Non saranno pertanto sufficienti i classici format utilizzati sino ad ora, ma occorrerà predisporre delle informative “rafforzate”, ossia più complete e maggiormente adatte a ciascun singolo caso.

IL DIRITTO ALL’OBLIO NEI MOTORI DI RICERCA

IL DIRITTO ALL’OBLIO NEI MOTORI DI RICERCA

IL DIRITTO ALL'OBLIO NEI MOTORI DI RICERCA

Il diritto all’oblio, di matrice giurisprudenziale, è rappresentato dal diritto di un individuo a non essere più ricordato in relazione a notizie di cronaca datate e per le quali non vi è più interesse pubblico alla divulgazione
In particolare, per quanto concerne il mondo di internet, ognuno ha diritto a che un’informazione che lo riguardi non venga più collegata al proprio nome da un elenco di risultati che appare inserendo una determinata query in un motore di ricerca (ad esempio Google).

A tale proposito è intervenuta una importante pronuncia della Corte di Giustizia UE (C-131/12, 13 maggio 2014), la quale ha affermato la possibilità, per tutti i cittadini europei, di richiedere direttamente al motore di ricerca la rimozione di dati personali, qualora l’interessato ritenga che la loro permanenza non sia più giustificata in relazione al trascorrere del tempo.
Il caso deciso dalla Corte di Giustizia ha preso avvio dal ricorso di un soggetto spagnolo, tale Gonzales, il quale si lamentava del fatto che nell’indice del motore di ricerca di Google figurava un annuncio che lo riguardava, in relazione alla vendita all’asta di immobili in seguito ad un pignoramento per la riscossione coattiva di crediti previdenziali.
Il pignoramento era stato definito da anni e il debito era stato pagato, pertanto Gonzales aveva chiesto a Google la rimozione dei suoi dati dal motore di ricerca, in quanto non più rilevanti. La Corte, nel caso deciso, ha ritenuto prevalenti i diritti fondamentali dell’individuo sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, nonché sull’interesse del pubblico ad accedere all’informazione riguardante il ricorrente.
Ma non solo. La Corte ha specificato che il motore di ricerca può essere obbligato alla rimozione dei dati personali anche se i siti sorgente non li hanno rimossi, come nel caso dalla stessa trattato.
Pertanto, oggi, ogni cittadino europeo può fare richiesta a Google finalizzata all’eliminazione dell’indicizzazione di contenuti che riguardano informazioni personali relative ad eventi del passato, che risultino – citando le parole della sentenza – “inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati”.
Attenzione: de-indicizzazione non vuol dire cancellare da internet gli articoli/foto che ci riguardano, bensì che la ricerca su Google non darà più nei risultati quei link segnalati, se la richiesta viene approvata, e quindi se si tratta di contenuti inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati.
Google, in seguito alla sopracitata sentenza, ha predisposto un modulo online attraverso il quale i cittadini europei possono richiedere la rimozione di link dai risultati di ricerca.

Ecco il link:
https://www.google.com/webmasters/tools/legal-removal-request?complaint_type=rtbf&visit_id=1-636426429976680831-3600022492&rd=1

INTERVENTO ESTETICO MAL RIUSCITO: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA

INTERVENTO ESTETICO MAL RIUSCITO: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA

INTERVENTO ESTETICO MAL RIUSCITO: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA

In linea generale, quando si agisce per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’esito infausto di un intervento estetico, si estende il contraddittorio della causa anche alla struttura sanitaria che ha ospitato l’operazione.

Infatti, la struttura sanitaria, con l’accettazione del paziente ai fini del ricovero per l’intervento programmato, conclude con lo stesso un contratto atipico di spedalità e di assistenza sanitaria, da cui derivano obblighi non solo di tipo alberghiero, ma anche di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze.

Conseguentemente, anche la struttura sanitaria risulta responsabile, ex art. 1218 c.c., per l’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, in virtù dell’art. 1228 c.c. per l’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, in qualità di suo ausiliario necessario, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando al riguardo la circostanza che il sanitario sia di fiducia dello stesso paziente e da lui stesso scelto (Cassazione n. 13953/2007 e n. 1620/2012).

La responsabilità della struttura sanitaria per inadempimento di proprie obbligazioni sussiste, ad esempio, in caso di inefficiente organizzazione delle attrezzature o del personale medico ausiliario e paramedico o alle prestazioni di carattere alberghiero. La responsabilità per il comportamento dei medici, invece, prescinde dalla sussistenza di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, assumendo rilevanza la circostanza che dell’opera del medico la casa di cura comunque si avvalga nell’attuazione del rapporto obbligatorio. La responsabilità dell’ente, pertanto, trova fondamento, non già nella colpa degli ausiliari, ma nel rischio relativo all’utilizzazione dei terzi nell’adempimento dell’obbligazione.

Tale sentenza ribadisce il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di responsabilità civile nell’attività medico-chirurgica, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e/o del medico per l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto (cioè che sia stato operato), dell’aggravamento o insorgenza della situazione patologica per effetto dell’intervento e del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari. A carico dell’obbligato (il sanitario o la struttura) resta, invece, la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile (Cass. n. 975/2009).